mercoledì 16 luglio 2014

Il Libro del Blog

Il  libro che contiene i post e le immagini di un Blog (romeomediatico.blogspot.it) che ho curato per circa 5 anni sul caso mediatico, giudiziario e politico ci Alfredo Romeo. Un processo conclusosi con una serie di assoluzioni e una definitiva senza rinvio da parte della Cassazione. Non c'era un sistema, c'era un teorema dell'accusa . Ci sono stati danni

Potete leggerlo o scaricarlo qui sotto da Scribd

venerdì 11 luglio 2014

La Cassazione da ragione a questo piccolo Blog

Un Blog di cinque anni fa ha ancora una ragion? Anche se è stato abbandonato da un bel pò? Si qui ci sono le "vestigia del Caso Romeo" le ho appena rinfrescate per la "gioia". Un processo mediatico e giudiziario che ha fatto male agli imputati e al paese. Una costruzione accusatoria che il giudice definì "chimerica" Con il giudizio di primo grado smisi di scrivere, perchè il poco che rimaneva in capo a Romeo anche dopo l'appello mi sembrava più fantasmatico che chimerico. Ricordo una frase che dissi ad Alfredo Romeo per convincerlo ad andare avanti con la festa di inaugurazione del suo Hotel a Napoli: "Alfredo sei una delle persone più oneste che ho conosciuto, in tutti i sensi. Devi andare avanti". Anche se girava la voce dell'arresto la festa di fece. Mi sono poi domandato se anche quella scelta non avesse spinto gli accusatori ad inseguire una Chimera. Forse si. Oggi però la partita si chiude con una sentenza della Cassazione era falsa anche l'ultima condanna per corruzione per i rapporti con Mautone. Nessun reato, ma molti condannati della cui innocenza ritroviamo traccia solo in colonnine nascoste. Chi risarcisce il danno fatto? 

Contro la corruzione si ricomincia da Romeo

Sistema Romeo cinque anni dopo. La Cassazione ribadisce e mette una pietra tombale su uno scandalo falso, inventato e dannosisssimo per Napoli e per l’Italia. Nessun sistema corruttivo, tutti innocenti, nessun reato, neanche piccolo è stato commesso. Una assoluzione storica. Tra il 2009 e il 2010 il nome di Alfredo Romeo fu al centro di una campagna vastissima di stampa come neanche Totò Riina. Si chiuse il cerchio della convinzione secondo cui anche il “nuovo” Pd di Veltroni era corrotto e da cambiare, ma solo a livello locale. Su queste falsità, poi dilagate ed estese ad altre vicende cadute nel vuoto, si avviò il bombardamento di una politica locale già obsoleta e si auto-inibì una possibilità di rinnovamento nazionale.
Un trend che ha portato alla buffonata della rivoluzione arancione e all’elezione a sindaco Napoli del giudice de Magistris, accusatore dell’inesistente “sistema Romeo”. Un trend che ancora tiene ancora commissariata nell’impotenza e nella inanità la politica a Napoli. Diverse puntate di Santoro, migliaia intercettazioni rappresentate da attori: in un processo mediatico già definitivo. Chi vuole può ripercorrerne le vestigia in un Blog che aprii per puntiglio personale. Romeomediatico.
Il coinvolgimento nel Teorema Romeo senza alcuna colpa di nomi come Lusetti, Bocchino, Laboccetta, Iervolino, Nugnes, Cardillo, Fioroni, Rutelli e almeno altri 10 o 15 politici anche non indagati fu una vergogna senza fondamento. Già in primo grado il giudice assolse quasi del tutto gli imputati e definì chimerica la costruzione delle accuse. Con coda di polemiche tra pm e giudice. Tutti gli assessori della giunta Iervolino furono consegnati dall’allora sindaco alla condanna preventiva: “sfrantummati”. Si fecero il carcere preventivo, come Romeo. Indagati? No, condannati alla gogna. Hanno avuto giustizia? No, è stata solo applicata la legge; il che è un’altra cosa. Certamente non l’ha avuta Giorgio Nugnes che si suicidò perché coinvolto in una indagine in cui non poteva avere responsabilità, perché non erano stati commessi crimini. Rosa Russo Iervolino disse allora che era stato un sussulto di dignità. Chissà non ne abbia oggi uno anche lei, anche meno devastante, e chieda scusa ai fìgli e alla vedova per quelle parole.
E Alfredo Romeo? La sua società ha continuato anche dopo l’assalto, e ha consentito con i suoi servizi di sostenere le finanze dei comuni di Roma, di Napoli, in parte di Firenze e di Milano. Ha messo a reddito e ha fatto funzionare gran parte degli immobili di stato restituendo circa il 42% di risparmi. È stata, anche secondo gli amministratori giudiziari, un esempio “svizzero” di buona impresa. Gli amministratori locali, che lui avrebbe potuto allontanare, hanno continuato a chiamarlo per risolvere problemi.
Ma oggi il vero tema che interessa, credo anche all’amico Alfredo, non è questo. In quella occasione si è affossata la collaborazione migliore tra pubblico e privato. Laddove non sono state incassate tangenti ma aumentati risparmi, introiti ed efficienza per lo Stato in beneficio della spesa pubblica. Su quelle gare, su quei contratti, persino la Corte dei Conti ha dato giudizi positivi. Ma le buche del bombardamento si vedono ancora: sono le buche che tutti i giorni ci inghiottono a Roma dopo la revoca “onerosissima” da parte di Alemanno del contratto sulla manutenzione stradale. Una ipotesi di sana gestione del territorio metropolitano che a Napoli non s’è neanche avviata. E stiamo come stiamo.
Non è il caso di cogliere anche questa occasione, di legarla alla riforma della pubblica amministrazione e di ripensare a quelle esperienze (come in Consip) di “collaborazione tra pubblico e privato” in cui invece di fare appalti di opere si facevano appalti di servizi, garantiti da fideiussioni proprozionate e legati ai risparmi e ai ricavi della pubblica amministrazione? La libertà e il buon lavoro di molti sono stati sacrificati a una giustizia fatta come vedete. Non è il caso di riprendere una partnership trasparente, consapevole e dinamica tra pubblico e privato? Se l’obbiettivo del governo è spendere meno per fare meglio, è indispensabile pensare anche con l’impresa privata. Oggi si può fare con un po’ più di libertà, se dagli errori si riesce anche ad imparare. Qualcuno continua a crederci.

Massimo Micucci
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lunedì 18 giugno 2012

Romeo d'amore d'accordo con il Sindaco, ma non con tutta la giunta


























Ora Alfredo Romeo è già padrone di un bel pezzo di Napoli. Napoli gli deve 50 milioni sono soldi suoi guadagnati legittimamente. per non pagare penali  propone al comune una cogestione vantaggiosa per le casse del comune e per il risanamento della Città: il sindaco coglie la palla al balzo , ma non tuta la giunta sembra starci. Si tratta di cessione di immobili e insieme risanamento gratuito di un'area. In tempi certi
De Magistris ha capito che a condividere il potere per finalità buone con Romeo, come con qualunque altri imprenditore è meglio che fare la caccia alla streghe. Tanto più che da semper il servizio garantito dalla Romeo con la riscossione dei fitti degli immobili comunali è l'unica fonte di approvvigionamento e sopravvivenza della città.
Basta sparate e anzi, ex carceriere ed ex carcerato (ingiustamente) avviano una Joint Venture: sfumano i proclami della gazzette delle manette: Ma come si è sempre detto se fai il puro trovi sempre uno più puro di te che ti epura. Per ora i nemici di questa intesa e di ogni cambiamento rilevante stanno acquattati tra i signori delle burocrazia e delle delibere. Gli stessi che hanno sempre fatto danni al comune e alla fine dei processi sanato debiti con Romeo. Romeo ha vergato una lettera di fuoco. Il comune per ora lo difende.  Contro  la ragione oltre agli oltranzisti della legalità , ci sono anche i "fasci" di casa Pound. Per ora la coppia Romeo de Magistris è in vantaggio. 
Vedremo. 

lunedì 8 novembre 2010

GIUSTIZIA E POLITICA LA TESTIMONE CHIAVE DI «WHY NOT» CATERINA MERANTE

«De Magistris? Mi fidavo e mi ha tradito»
La donna al centro del processo flop imbastito dall’ex pm di Catanzaro ora rischia di finire sul banco degli imputati «Non ho pilotato nessuna indagine, ho seguito le sue indicazioni. Su questa vicenda serve una commissione d’inchiesta»


Gian Marco Chioocci de il Giornale di Domenica 7 Novembre 2010

Da supertestimone a inda­gata, prossimamente imputa­ta. Destino giudiziario infau­sto per Caterina Merante, 41 anni, ex direttrice della socie­tà Why Not, che con le sue di­rompenti rivelazioni aiutò non poco l’allora pubblico mi­nistero di Catanzaro, Luigi De Magistris, a incardinare il ma­stodontico processo flop che, per l’appunto, porta il nome della società collegata alla Compagnia delle Opere so­spettata di intrallazzi con la politica locale e nazionale. La sentenza del Gup che ha disin­tegrato il castello accusatorio dell’attuale eurodeputato Idv fa a pezzi anche lei definendo­la il «
dominus » del procedi­men­to penale con 110 indaga­ti e solo 8 condannati, inatten­dibile dichiarante, ammalia­trice di carabinieri al punto da imporre al sottufficiale che se­guiva le ind­agini quali accerta­menti fare e chi sentire. La Me­rante dovrà ora difendersi da tredici capi di imputazione. Lei, ovviamente, non ci sta. Ha deciso di parlare col Gior­nale affiancata dall’avvocato Noemi Balsamo. Quel che se­gue è lo sfogo di una cittadina ferita, di una testimone tradi­ta, abbandonata al suo desti­no, a cominciare da quella to­ga che lei reputava «diversa» e che grazie a Why Not s’è dimo­­strata invece «uguale» a tutte le altre che hanno fatto carrie­ra politicizzando le inchieste.
Signora Merante, da testi­mone eccellente a indaga­ta per reati gravi. Come se lo spiega?
«Mi sono rivolta alla giusti­zia con grande fiducia, ho col­laborato lealmente riferendo circostanze precise. Per due anni e mezzo sono stata inter­rogata molteplici volte da al­meno cinque procure e nessu­no mi ha contestato un reato, eppure sin dall’inizio di que­sta vicenda l'unica persona messa seriamente sotto pro­cesso è stata proprio il testimo­ne. Sono stata perfino intercet­tata al telefono con mia ma­dre, con mio marito, con le mie amiche. Senza risultato. Oggi il Gup, manda gli atti rela­tivamente a me in procura, e quindi ricomincia il calvario. Non capisco, ma mi adeguo. Più di qualcosa nel sistema giustizia non funziona».
Il giudice fa riferimento al suo rapporto amichevole, diciamo amicale, forse più che confidenziale, con un maresciallo dei carabinie­ri che seguiva l’inchiesta su incarico di De Magistris. E alle intercettazioni inte­gralmente riportate nella sentenza il giudice dedica ben 150 pagine per dire che la signora Merante ha
pilotato personalmente le indagini. Non è un’accusa da poco.
«No, non lo è, anzi, come vede non ci si è limitati a lasciare in­tendere che sono una delinquente, ed è questa la cosa che mi ha amareggiata di più. Eppure la verità la sanno in molti, ma tutti tacciono. Mi spiego: se io interloquivo telefonica­mente con questo marescial­lo dei carabinieri era perché avevo avuto precise indicazio­ni dall’allora pm De Magi­­stris, il quale diede indicazio­ni di prendere due telefoni con i quali avremmo interlo­quito solo io e la sua polizia giudiziaria, appunto. Più di una volta, mi sono rivolta al pm De Magistris per sottopor­gli le mie perplessi­tà circa que­ste modalità di indagini telefo­niche e non solo. Di fronte al mio disagio il pm De Magi­stris mi ha sempre risposto che il maresciallo era l’unica persona della quale ci si potes­se fidare. Mi sono fidata e guar­da in che razza di guaio mi ri­trovo, nel silenzio assordante di tutti».
Scusi, ma da quando in qua un pm «delega» le indagini a un testimone?
«Ma io l’ho fatto presente al pm De Magistris! E sono arri­vata, come risulta in atti, a de­nunziare in procura il mare­sciallo, l’ho fatto nel 2008, quindi in tempi non sospetti. Il dottor Pierpaolo Bruni alla presenza del maggiore Gra­zioli (poi coinvolto in una brutta storia giudiziaria) deci­se di allontanarlo con effetto immediato dalle indagini. Ma le sorprese non finirono. A di­stanza di pochi mesi quello stesso maresciallo venne ri­chiamato in Why Not. Indovi­ni da chi? Dai pm che ci inter­cettavano. Ho le prove che quanto lasciato intendere nel­la sentenza non corrisponde alla verità. Io non ho pilotato nessuna indagine, erano altri, forse, che attraverso la mia buonafede, le pilotavano per motivi loro. Chiaro?».
Chiaro.
«Piuttosto mi chiedo come mai l’europarlamentare De Magistris su Why Not pensi so­lo a difendere se stesso, e non una cittadina che si è affidata completamente a lui per riferi­re, anche nei modi sopra de­nunciati, determinate situa­zioni. Mi chiedo perché, nel momento in cui vede che un giudice scrive cose pesantissi­me sulla sottoscritta su circo­stanze gravi e delicate di cui lui è perfettamente a cono­scenza, non intervenga per di­re la verità. Mi chiedo perché
resta in silenzio lasciando che i media distruggano me che sono l’ultima ruota del carro. Mi chiedo perché risponda al Gup su ben altre cose e non su questo “particolare” delle in­dagini telefoniche. Mi sem­bra un comportamento disu­mano ».
Si sente scaricata? Usata?
«Non posso dire di esser sta­ta scaricata da una persona a cui non ho mai chiesto di pren­dermi a carico. Mi sono rivol­ta alla giustizia e mi sono ritro­vata per caso De Magistris nel quale, come molti, ho nutrito grande fiducia. Poiché quel magistrato, però, oggi occupa una poltrona importante ri­tengo che da politico dovreb­be avere a cuore i cittadini e a maggior ragione i testimoni che si sono affidati a lui e che mai avrebbero potuto imma­ginare ciò che è accaduto nel
prosieguo».
Tornasse indietro rifareb­be tutto?

Rifarei tutto perché ho agito in totale buonafede. Piuttosto insisterei sulla ricusazione
del giudice perché colei che è stata la tua compagna di ban­co a scuola, per forza di cose, rischia di non essere imparzia­le, nel bene e nel male. Ragio­ni di opportunità avrebbero dovuto suggerirle di astenersi da questo giudizio ed anzi co­gliere l’istanza di sfiducia nei suoi confronti come un’op­portunità per tirarsi fuori da una situazione imbarazzan­te. Lei pensi che ho conosciu­to il marito nella sede della Compagnia delle Opere, dove egli si recava per chiedere fi­nanziamenti a Saladino».
Si dice che lei si sia arricchi­ta a dismisura con questa storia di Why Not. Quaran­ta milioni di euro di fattura­to…
«( risata ) Forse quel che non si sa, è che l’unica persona a subire un invasivo accerta­mento patrimoniale sono sta­ta io. Quaranta milioni di eu­ro? Saranno i contratti che ha ricevuto globalmente il con­sorzio Brutium, non sono cer­to finiti nelle mie tasche».
Che idea si è fatta di quest' inchiesta mastodontica che è diventata un caso po­litico per aver buttato giù un governo, ipotizzato sce­nari massonici mai dimo­­strati, rovinato un sacco di gente poi risultata innocen­te?
«Mi sono resa conto dell’in­credi­bile piega che stava pren­dendo l’inchiesta nel momen­to in cui il ministro Mastella trasferì il pm De Magistris, tan­to che scrissi una lettera pub­blica nella quale preannun­ciavo qu­anto sarebbe accadu­to e che ormai era troppo tardi per rimediare».
Si riferisce alla lettera in cui diceva a Mastella che aveva fatto male a togliere l’indagine a De Magistris il quale, con tutto il materia­le che aveva a disposizio­ne, non aveva ancora chiu­so le indagini?
«Quella, sì. E non ho cambia­to idea. Perché ritengo che se ognuno di noi facesse fino in fondo il proprio dovere, rispet­tando il proprio ruolo, è certo che le cose per i cittadini an­drebbero diversamente. Cre­do che non sia utile persona­lizzare le inchieste. Ecco per­ché ritengo che la proposta di una commissione d’inchiesta su questa vicenda sia assoluta­mente auspicabile affinché si possa verificare chi ha agito correttamente esercitando il proprio ruolo, e chi invece lo ha fatto utilizzando il codice di procedura penale come un’arma impropria».
Si sarebbe mai immagina­ta che De Magistris avreb­be lasciato la toga per la po­litica?
«No, almeno fino ad un cer­to punto. Resto sorpresa dai suoi attacchi politici a Berlu­sconi, che alla fine denunzia, esattamente come lui, la pre­senza di magistrati corrotti e deviati nelle Procure».
Lei ha puntato l'indice sul­l’imputato Antonio Saladi­n­o considerato da De Magi­stris il deus ex machina del malaffare calabrese. Chiunque ha avuto a che fa­re con Saladino, anche so­lo per una volta, è finito nei guai. Come mai il nome di Antonio Di Pietro, che poi arruolerà De Magistris nel­­l’Idv, nonostante alcuni contatti con Saladino non venne mai fuori?
«È una domanda che mi ha già posto Santoro, tra l'altro con Di Pietro in studio. Non ne parlai perché nessuno mi fece una domanda sul punto. Avrei detto tranquillamente che c’era stato un incontro fra Di Pietro e Saladino».
Non le sembra di aver esa­gerato parlando della fan­tasmagorica loggia di San Marino?
«Eh no, nessuna loggia. Io parlai di un comitato d’affari a San Marino, le indagini su questo le ha fatte il maggiore che chiedeva raccomandazio­ni a chi io avevo denunziato. Della massoneria deviata oc­corre chiedere a Luigi De Ma­­gistris, non certo a me».




lunedì 25 ottobre 2010

Così risponde sul suo Blog De magistris agli esiti del procedimento

" Non entro nel merito della decisione del Giudice in questa sede - che a onor del vero fa acqua da tutte le parti e pecca anche per mancanza di equilibrio e serenità, oltre che di astio sospetto e inutile sproloquio - se non per premettere che non é il procedimento da me originariamente diretto, con risultati molto positivi, ma quella parte ricostruita da altri magistrati. " Non entro nel merito a espeirmo un giudizio.
Pertanto é falso imputarmi l´esito di quel procedimento". Allora non è stato lui ad avviare l'indagine ?
"Se si sottrae a un architetto il progetto per la realizzazione di un´abitazione, poi non possiamo prendercela con lui se la casa é il risultato del lavoro di un altro architetto". Da architetto anche il termine " architettare" che non dovrebbe nemmeno immaginarsi per l'accertamento di fatti giuridici .
Ancora "Prima tolgono di mezzo i magistrati, scegliendo quelli che "vanno bene", e poi se la prendono con gli estromessi. Una porcata piduista" . Che cosa la sentenza, alla faccia dell'equilibrio
Ancora
: "Mastella è un bugiardo ....E´ bene cominciare a rendere pubblici gli atti delle inchieste. Lo stesso giudice Mellace - il cui nominativo emerge negli atti delle indagini della Procura di Salerno - non appare certo come la persona più idonea per espletare quel processo....uno zio della Mellace, mi riferirono i miei collaboratori dell´epoca della polizia giudiziaria, fu anche vittima di un omicidio. Insomma contesti torbidi"

Insomma De Magistris cerca di gettare fango sul giudice che gli ha dato torto , usando le attività imprenditoriali del marito fatto passare per un criminale e notizie riferite su uno zio omicida...e in uno sproloquio lunghissimo si scaglia violentemente contro magistrati, CSM, politici , mafiosi e conclude come sempre con l'appello alla rivoluzione.
Nel suo blog ci sono fan osannanti che chiedono il sangue di chiunque non sia d'accordo , ma anche domande nel merito della sentenza del giudice Mellace , cui nel merito non risponde
.
Perchè come già ha spiegato una volta che si è tolta l'idagine all'archittetto ...non si può chiedergli di rieponderne

De magistris "il Giornale", firmato da Gian Marco Chiocci

La madre di tutte le inchieste ha partorito un’inchiesta senza capo né coda, «un’affascinante rappresentazione di inquietanti realtà occulte di poteri superiori». É la celeberrima «Why Not», istruita dall’ex pm catanzerese Luigi De Magistris, oggi parlamentare Idv, immaginata per abbattere il malaffare calabrese costituito da una sorta di Spectre sovrastrutturale - per dirla con l’ex portavoce della Marcegaglia - collegata a politici corrotti, avidi imprenditori, servizi deviati, massoneria occulta, toghe colluse. Un flop investigativo che portò alle dimissioni dell’allora Guardasigilli Clemente Mastella, alla caduta del governo Prodi, allo scontro fra le procure di Salerno e Catanzaro, alla carriera politica della toga che non voleva fare politica. Un procedimento che stando alle 944 pagine di motivazioni della sentenza emessa dal gup Abigail Mellace ha cercato solo la pubblicità dei media puntando sempre più in alto senza perseguire, dal basso, quei reati addebitabili al consorzio Brutium e alla società Why Not che risultavano solari sin dalle primissime fasi delle indagini preliminari. Un fiasco, insomma, che è costato all’erario decine di milioni di euro (9 solo in consulenze) e che ha procurato danni gravi a oltre 150 persone indagate e sputtanate a mezzo stampa, alle 34 al dunque rinviate a giudizio, alle 26 assolte. Tanto rumore per nulla: 8 condanne, e basta.

IL CLAMORE DEI MEDIA E LA VERITA’ TELEVISIVA
Leggiamole, dunque, le pagine che disintegrano l’operato di Luigi De Magistris. Per il gup Mellace l’inchiesta Why Not è figlia dell’enorme «risalto mediatico che il procedimento ha avuto soprattutto nella fase delle indagini preliminari e che ha portato alla ribalta nazionale i suoi principali protagonisti divenuti nel frattempo veri e propri personaggi pubblici televisivi di grande notorietà». Ciò ha condotto, inevitabilmente, «a una distorta e infedele rappresentazione dall’esterno delle reali e obiettive risultanze delle fonti di prova». Un clamore che ha offuscato le finalità di un’inchiesta giustamente «salutata come la prima condanna di un sistema politico che mirava alla realizzazione dei propri interessi» collegati all’accaparramento illecito di fondi regionali. L’obiettivo iniziale, insiste il gup, «nel corso delle indagini è stato abilmente seppellito da chi aveva interesse a farlo, sotto una miriade di dichiarazioni, propalazioni, coraggiose rivelazioni volte a rappresentare la molto più avvincente, inquietante “televisiva” realtà di associazioni segrete, logge deviate, congiure di palazzo, accordi clandestini che dapprima operavano occultamente per monopolizzare la gestione degli appalti e delle risorse e che poi, a indagine avviata, tramavano per distruggere ed annientare da un punto di vista economico e di credibilità chi aveva avuto invece il coraggio di denunciare la realtà del malaffare».

LA SPECTRE SOVRASTRUTTURALE
L’ipotesi investigativa, tirate le somme, «non ha trovato alcun conforto probatorio essendo stato sconfessata già nella fase delle indagini preliminari» ed anzi «ha impedito di analizzare con la necessaria obiettività i vari e inconfutabili elementi di prova che emergevano sin da subito» nei confronti degli appalti e dei progetti concessi a Brutium e Why Not «in palese violazione di legge». Il panorama della Spectre transnazionale immaginato dall’ex pm «dopo anni di lunghe e costose indagini» non ha trovato «alcun conforto probatorio essendo stato sconfessato già nella fase preliminare».

DUE SUPERTESTIMONI «INCREDIBILI» E INATTENDIBILI
E che dire, poi, del testimone Giuseppe Tursi Prato i cui racconti appaiono «incredibili», «inconsistenti», finalizzati «a ottenere un beneficio personale», indirizzati a colpire alcuni magistrati che avevano redatto la sua condanna. E di Caterina Merante, supertestimone e architrave dell’inchiesta Why Not, indagata al contempo dalla procura di Paola?

PSICOFARMACI AI DIPENDENTI E L’ASSE COL MARESCIALLO
Il gup ha trasmesso gli atti alla procura generale per il mendacio e per l’«incredibile rapporto personale e confidenziale» col maresciallo che le è stato sempre vicino. «Un rapporto che ha inciso pesantemente sulla modalità di conduzione delle prime indagini, inquinando in modo irreversibile la genuinità di importanti risultanze investigative, rendendole radicalmente inutilizzabili». La signora voleva passare per debole «e soggiogata», quand’invece al telefono (intercettato) «coltivava una serie di rapporti con tutti quei soggetti che potevano, anche inconsapevolmente, coadiuvarla nel suo progetto».

VERBALI SCOMPARSI MAI REDATTI O MODIFICATI
Soggetti come il sottufficiale dell’Arma che per «gli atti più delicati» si affidava completamente a lei «attenendosi in primo luogo agli ordini della testimone e cercando, a tutti i costi, di trovare elementi di conferma della credibilità del suo narrato (...)». Di più. «La informava pedissequamente sugli sviluppi delle indagini», e la stessa «indicava al maresciallo i nominativi e gli indirizzi dei soggetti nei cui confronti dovevano essere dirette le investigazioni». In un caso un verbale della Merante non risulta mai redatto. In un altro «è stato completamente modificato, con l’aggiunta di fatti, dichiarazioni, precisazioni che spesso modificano completamente il significato delle prime dichiarazioni». Concludendo: «L’intero castello accusatorio della Merante è crollato in toto», ed è crollato anche il riferimento alla suggestiva loggia segreta di San Marina piena di «fratelli» politici. «Le dichiarazioni della Merante sono state ritenute inattendibili, non solo in quanto intrinsecamente incredibili, ma perché smentite dagli esiti delle attività investigative di riscontro compiute dagli inquirenti». Come quelle che attribuivano al feroce Saladino, al secolo Antonio Saldino, superiore gerarchico della Merante in Why Not, considerato da De Magistris il vero dominus dell’inchiesta, il ruolo di procacciatore di psicofarmaci da somministrare ai dipendenti. I quali, presi a verbale, hanno ovviamente smentito.

LE INTERCETTAZIONI INUTILI PER IL REATO «ASSOCIATIVO»
Come se non bastasse anche la contestazione del reato associativo cavalcata da De Magistris, basata su migliaia di intercettazioni telefoniche, è miseramente crollata: «Le risultanze captative - chiosa il gip - non forniscono alcuna prova dell’esistenza del sodalizio descritto al capo uno (riferito, appunto, all’associazione per delinquere, ndr) non ricavandosi dai colloqui intercettati la dimostrazione degli elementi costitutivi oggettivi di una qualsivoglia associazione dotata dei requisiti minimi strutturali previsti dall’articolo 416 bis». Se è vero che Saladino aveva rapporti coi politici che gli chiedevano posti di lavoro, è anche vero che ognuno di loro sollecitava assunzioni a titolo personale, senza dare nulla in cambio e soprattutto senza far parte del medesimo gruppo di potere ipotizzato e perseguito dal pm Luigi De Magistris

Dopo il Teorema Romeo

Dopo l'assalto soprattutto mediatico che ha messo al centro Alfredo Romeo, in carcere per tre mesi Ci sono state le sentenze Tutti assolti per tutti i reati meno uno corruzione per la promessa di assunzione a Romeo. alfredo Romeo è tronato al lavoro , ma noi dopo aver seguito il "processo" mediatico , quello che ha già condannato....che resterà, senza possibilità di riabilitazione .....Continuiamo. Del tutto a prescindere dagli esiti giudiziari, dalle cifre,da realtà e sostanza.